Se la Ricerca s’ammala, il PD non è la cura

Ieri poimagemeriggio si è svolta in Aula Amaldi nel Dipartimento di Fisica dell’università La Sapienza una tavola rotonda organizzata dal Professor Parisi, docente di fisica e scienziato di fama internazionale, a seguito del dibattito scaturito dalla petizione lanciata da lui insieme ad altri docenti universitari su Change.org e pubblicata sulla rivista Nature, per “salvare la ricerca italiana”.
Il motivo per cui abbiamo deciso di partecipare ed intervenire a questa iniziativa è semplice ma si inserisce in un dibattito odierno sfaccettato sul mondo della ricerca e il suo definanziamento ed impoverimento, non solo a livello economico ma anche dei saperi.
Nella petizione Si richiede l’intervento dell’Unione Europea per sollecitare i “pigri governi nazionali” a sganciare i fondi per la ricerca che oggi è al livello di mera sussistenza.
Non riusciremo altrimenti, continua nell’appello, ad assestarci sugli standard previsti da Horizon 2020.
Horizon 2020 è un programma strategico dell’UE che prevede fondi da destinare alla ricerca nei singoli stati membri , per un totale di 80 miliardi con la discriminante, però, che tali fondi verranno rilasciati in base al merito e dunque non equamente distribuiti tra i paesi. Pensiamo che il problema della distribuzione dei fondi sia reale, quando si continuano a sprecare risorse pubbliche sulle grandi opere e in ambito militare, mentre ogni anno si taglia sull’FFOO.

Il problema della ricerca in Italia non si limita però soltanto al definanziamento (al quale la Sapienza ha già pensato di mettere una falsa toppa con la “soluzione” di firmare contratti con finanziatori privati del mondo delle start up, come insegna l’accordo appena stipulato con la renziana Kcube) ma anche ad una distribuzione dei fondi, che non sia escludente e che non scelga giá quali sono gli ambiti su cui ricercare. Infatti la logica meritocratica secondo cui l’eccellenza ci salverá è una menzogna in quanto oggi meritocrazia significa adattarsi agli standard imposti dall’alto, quindi fare ricerca su ció che garantisce piú guadagni. Inoltre il problema della precarietà e del blocco del turn over sembra che verranno affrontati riproponendo il catastrofico Jobs Act e l’impostazione, criticata da docenti e studenti senza possibilità di replica, della Buona Scuola della ministra Giannini.

Eppure all’iniziativa sono stati chiamati a partecipare, oltre a ricercatori e professori emeriti, una Deputata e due Senatori della Commissione Cultura del PD: Puglisi, Ghizzoni e Tocci, attori (tutti e tutte ricorderanno che la Puglisi è stata protagonista del rovinoso DDL Aprea, anticipatore della Buona Scuola) del declino e della svendita del mondo della formazione, con il partito da loro rappresentato.

Come studentesse e studenti, ricercatori e ricercatrici, pensiamo che la soluzione al tracollo della ricerca pubblica in Italia, non passi per il riporre fiducia in governi nazionali ed istituzioni sovranazionali (UE) che hanno già dimostrato e messo in atto i loro intenti rovinosi.
Infatti gli stessi personaggi del PD presenti oggi hanno presieduto agli incontri di preparazione e ascolto di facciata per costruire un progetto di riforma dell’universitá. Se non fosse che (come è possibile leggere sul sito roars.org) era giá bello e pronto il testo della riforma prima che si svolgesse l’incontro “aperto” del partito democratico.
Oltre ad una petizione online crediamo che sia arrivato il momento di inceppare veramente questo ingranaggio, romperlo e smontarlo per ricostruire da basi completamente differenti un’idea di istruzione pubblica.