Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti” cantava qualcuno.
Ebbene sì assolti; assolti dall’accusa di aver privatizzato, svenduto, abusato dell’università pubblica e di chi la vive. Perché nel tribunale del capitale chi siede al banco degli imputati è sempre il soggetto sbagliato. Testimoni Microsoft, Google, Intel, qualche sbirro e un paio di individui oscuri, giacca e cravatta annesse. E il giudice è muto. Qualche morto e ferito ma il dato, a detta dei più, è trascurabile.
Eppure il peggio era evitabile. Perché quando la governance della Sapienza ha deciso e sottoscritto l’intenzione di ospitare nell’Ateneo più grande d’Europa una fiera internazionale sull’innovazione, la Maker Faire e la governance universitaria, potevano decidere di coinvolgere la comunità accademica, di chiedere cosa ne pensassero studenti, docenti, ricercatori e lavoratori che vivono e attraversano questo spazio tutti i giorni; ma non l’hanno fatto. Hanno piuttosto preferito reiterare questo atteggiamento nel tempo, facendo precipitare la situazione al punto che, al silenzio assordante dell’amministrazione universitaria, si sono sostituiti nuovi interlocutori: Digos e celere.
E non è vero, come vorrebbero far credere Gaudio, Prorettori e senatori accademici vari, che abbiamo incontrato solo a danni fatti, che la responsabilità non è la loro per le cariche avvenute a Piazzale Aldo Moro, per gli arresti avvenuti dentro la città universitaria con studenti feriti, ammanettati e portati via davanti agli occhi di tutta la fiera, per aver venduto l’ingresso in uno spazio pubblico andando contro lo statuto della Sapienza, per aver chiuso ogni libero accesso a questo spazio e aver imposto un biglietto da pagare a tutti e tutte quelli che già pagano tasse sempre più alte per potervi accedere, per aver reso un’università un parco giochi e averla ridotta un porcile clamoroso, per aver mandato i lavoratori in ferie forzate e per la non trasparenza nella dichiarazione e gestione degli incassi della Fiera.
Invece siete tutti coinvolti, tutta la comunità accademica lo è. Come lo sono tutti quelli che non si esprimono e alimentano la tendenza a che episodi di tale portata avvengano nuovamente, si tacciano, si giustifichino.
La responsabilità dunque c’è, ed è POLITICA.