Ce ne est pas une université

20151020_135201Anche se voi vi credete assolti siete lo stesso coinvolti” cantava qualcuno.

Ebbene sì assolti; assolti dall’accusa di aver privatizzato, svenduto, abusato dell’università pubblica e di chi la vive. Perché nel tribunale del capitale chi siede al banco degli imputati è sempre il soggetto sbagliato. Testimoni Microsoft, Google, Intel, qualche sbirro e un paio di individui oscuri, giacca e cravatta annesse. E il giudice è muto. Qualche morto e ferito ma il dato, a detta dei più, è trascurabile.

Eppure il peggio era evitabile. Perché quando la governance della Sapienza ha deciso e sottoscritto l’intenzione di ospitare nell’Ateneo più grande d’Europa una fiera internazionale sull’innovazione, la Maker Faire e la governance universitaria, potevano decidere di coinvolgere la comunità accademica, di chiedere cosa ne pensassero studenti, docenti, ricercatori e lavoratori che vivono e attraversano questo spazio tutti i giorni; ma non l’hanno fatto. Hanno piuttosto preferito reiterare questo atteggiamento nel tempo, facendo precipitare la situazione al punto che, al silenzio assordante dell’amministrazione universitaria, si sono sostituiti nuovi interlocutori: Digos e celere.

E non è vero, come vorrebbero far credere Gaudio, Prorettori e senatori accademici vari, che abbiamo incontrato solo a danni fatti, che la responsabilità non è la loro per le cariche avvenute a Piazzale Aldo Moro, per gli arresti avvenuti dentro la città universitaria con studenti feriti, ammanettati e portati via davanti agli occhi di tutta la fiera, per aver venduto l’ingresso in uno spazio pubblico andando contro lo statuto della Sapienza, per aver chiuso ogni libero accesso a questo spazio e aver imposto un biglietto da pagare a tutti e tutte quelli che già pagano tasse sempre più alte per potervi accedere, per aver reso un’università un parco giochi e averla ridotta un porcile clamoroso, per aver mandato i lavoratori in ferie forzate e per la non trasparenza nella dichiarazione e gestione degli incassi della Fiera.

Invece siete tutti coinvolti, tutta la comunità accademica lo è. Come lo sono tutti quelli che non si esprimono e alimentano la tendenza a che episodi di tale portata avvengano nuovamente, si tacciano, si giustifichino.

La responsabilità dunque c’è, ed è POLITICA.

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La campagna Maker Faire per chi per le vie dell’università

12106915_1196935650322891_5659755376261670901_nComunicato della Campagna MakerFaire.Per Chi? sulla giornata di mobilitazione di oggi alla Sapienza.

Oggi, martedì 13 ottobre, come studenti e studentesse della Sapienza abbiamo deciso di sfilare in corteo per le strade della nostra università per dare voce a tutte e tutti quelli che vivono l’università e la attraversano ogni giorno, che da più di una settimana sono costretti a vivere un disagio costante provocato dall’allestimento della Maker Faire, che verrà inaugurata venerdì 16 ottobre. Questa fiera, come abbiamo ribadito tante volte, è il frutto di una decisione della governance universitaria che ancora una volta,come tante altre in passato, ha scavalcato completamente i pareri e i bisogni della comunità studentesca, dei docenti,dei ricercatori e dei lavoratori. La scelta di ospitare questa grande fiera all’interno dello spazio pubblico della sapienza risulta quindi completamente calata dall’alto.

Il modello di innovazione e di lavoro che propaganda la Maker Faire ci parla di un maker geniale che con la propria idea crea una piccola start up e la vende alla grande azienda e così soddisfa i propri bisogni economici e di realizzazione professionale. In poche parole il paradigma del “merito” che ci vendono da anni nelle università, che giustifica solo un esclusione sempre più grande dal welfare studentesco e dal mondo del lavoro. Ma la realtà ci parla di un 45% di disoccupazione giovanile e di una ricerca che sta morendo. Quindi è ancora più grave che nell’università pubblica in macerie si proponga un modello di conoscenza che è direttamente impresa e non di ricerca scientifica libera e condivisa, e un falso modello per uscire da precarietà e disoccupazione che spinge solo alla competizione.

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MAKER FAIRE…per chi?

12079834_1506860082959414_7126883535047960330_oNei giorni 16-17-18 di Ottobre l’università La Sapienza ospiterà la Maker Faire, una fiera dell’innovazione di portata internazionale che, parole degli organizzatori: “unisce scienza, fantascienza, tecnologia, è divertimento e business e dà vita a qualcosa di completamente nuovo”.
Purtroppo al di là del plausibile interesse per alcune delle innovazioni esposte e oltre gli slogan e le frasi fatte da grande evento, crediamo che questa fiera sia la riproposizione di contraddizioni insanabili interne al mondo dell’università, agli
studenti e in generale all’idea di progresso e innovazione .
1. L’università sarà completamente chiusa (blocco della didattica,
biblioteche,facoltà e laboratori chiusi)durante i giorni della fiera, per entrare si pagherà un biglietto di 10 euro(4 per gli studenti) e i lavoratori saranno mandati in ferie forzate. In sostanza, per quattro giorni lo spazio in cui passi la maggior parte delle tue giornate sarà affittato a grandi aziende private, sponsor dell’evento. Nonostante tra gli sponsor della fiera ci siano infatti aziende del calibro di Intel, Tim, Microsoft, Eni e Bnl, verrà comunque richiesto di pagare un ingresso ad uno spazio altrimenti pubblico.
2. I benefici in termini monetari non si sa a chi andranno, di certo non a diminuire le tasse universitarie, o a riparare aule che cascano a pezzi, o a finanziare il diritto allo studio.
3. Si ripropone, come per la festa promo della Toyota o per le varie iniziative di sponsorizzazione che vengono fatte, un’idea dell’università come di uno spazio pronto ad essere affittato o ancor peggio svenduto all’azienda che offre di più, trascurando qualsiasi esigenza di chi l’università la vive tutti i giorni, dagli studenti fino ai ricercatori e ai lavoratori.
4. Anche il modello di innovazione proposto dalla Maker Faire è un nodo non meno problematico degli altri…”la celebrazione della cultura e del movimento #makers” si riduce all’ennesimo invito per i giovani a lavorare gratis, nella speranza che “1 su mille ce la fa !”. L’organizzazione di contest e l’esposizione dei
progetti, più votata alla commercializzazione che alla spiegazione dell’idea in sè, rende la fiera una grande bancarella per aziende di larga distribuzione e improbabili manager di startup companies.
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